Libereremo la Calabria dai rischi idrogeologici e sismici mettendo in sicurezza i territori e gli edifici.

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Per i Calabresi pretendere che si governi il territorio adottando le misure minime di prevenzione e salvaguardia delle persone, è un Diritto alla Sicurezza per troppo tempo trascurato e sottovalutato.

La Calabria è una delle aree maggiormente esposte ai rischi naturali del nostro pianeta. Terremoti, frane e inondazioni colpiscono con terribile continuità le diverse parti della regione, provocando vittime e danni, limitandone le potenzialità di sviluppo: 200.000 sono state le vittime negli ultimi 250 anni, con pesanti conseguenze sul suo mancato sviluppo socio-economico, frenato al punto da rappresentare una delle principali cause d’emigrazione e di spopolamento. I rischi sono determinati dalla particolare storia geologica della regione — ampiamente nota alla comunità scientifica internazionale per la sua complessità – che ha reso i terreni estremamente fragili e, pertanto, predisposti al dissesto idrogeologico e al rischio sismico, due gravi problemi con cui mi misuro da sempre, come studioso, come professionista e come amministratore.

I rischi naturali in Calabria non sono stati mai fronteggiati in modo complessivo ed organico attraverso attività di prevenzione, bensì in condizioni di perenne emergenza e quindi esclusivamente con attività di protezione civile: di là della continua attività emergenziale condotta senza soluzione di continuità dalla protezione civile regionale soprattutto negli ultimi anni, gli altri Enti che invece dovevano provvedere alla prevenzione, sono responsabili di una attività di difesa del suolo e di prevenzione del rischio sismico assolutamente insufficiente a causa di ritardi biblici nella realizzazione degli interventi e di una manifesta incapacità di pianificare a breve e lungo termine una sistemazione globale, organica e programmatica di frane e corsi d’acqua e di diminuire la vulnerabilità sismica degli edifici pubblici e privati. Un’inefficienza che si è tradotta spesso in conseguenze devastanti, con perdite di vite umane e danni ingenti ad importanti risorse produttive e al patrimonio storico-archeologici. I rischi “naturali” in Calabria sono aggravati da cause indotte dalla mano dell’Uomo, quali:

  • 142.000 edifici abusivi censiti in Calabria dall’Agenzia delle Entrate (1 calabrese su 4 vive in una casa abusiva), realizzati senza alcun progetto e senza alcun criterio antisismico spesso in aree a rischio idrogeologico. L’abusivismo è stato consentito dalla mancanza di controlli efficienti e da una normativa non adeguata, spesso utilizzata in modo improprio che ha finito per avallare gli abusi.
  • lo spopolamento dei centri montani indotto da frane e alluvioni che hanno danneggiato molti abitati e interrotto strade, costringendo interi nuclei familiari a trasferirsi verso valle in centri di pianura. Lo spopolamento ha pesanti riflessi sul presidio del territorio, un tempo assicurato da pratiche agricole con la costruzione di fossi di scolo e di muri a secco che riducevano sensibilmente il rischio idrogeologico. Il presidio del territorio garantiva anche stabilità e durevolezza agli interventi di difesa idraulica, realizzati nel pieno rispetto della natura dei luoghi.
  • gli incendi boschivi, quasi sempre d’origine dolosa e di matrice mafiosa, i quali con la perdita della copertura vegetale, determinano l’insorgere di fenomeni franosi e alluvionali.

Lo strumento che avrebbe potuto efficacemente ridurre il rischio idrogeologico è il Piano stralcio di Assetto Idrogeologico (PAI), redatto dall’Autorità di Bacino della Regione Calabria (ABR) ed entrato in vigore nel 2001, che delimita le aree a rischio idrogeologico su cui l’edificabilità può essere interdetta o limitata. Il PAI è risultato poco efficace in quanto, rispetto a quanto riportato nelle sue norme tecniche d’attuazione, è stato in gran parte disatteso nelle sue finalità: non sono mai stati redatti i piani organici, previsti con cadenza triennale, degli interventi complessivi di messa in sicurezza, mentre dal 2001 non risultano gli aggiornamenti delle aree a rischio-frana previsti con cadenza quinquennale. Nel 2017 gli Uffici dell’ABR sono stati addirittura chiusi (!!!!) per confluire nell’unica Autorità di Distretto; il tutto senza alcuna opposizione da parte del governo regionale.

Ad acuire ancora di più il dissesto idrogeologico, si aggiunge la mancata pulizia e manutenzione da oltre 40 anni dei corsi d’acqua, che portato al sovralluvionamento dei corsi d’acqua e all’indebolimento di molti argini fluviali, con conseguente esposizione delle aree circostanti al rischio di esondazione. Gli enti regionali preposti alla gestione del rischio idrogeologico hanno sempre operato per compartimenti stagni, senza interagire tra loro, con il risultato che spesso l’analisi delle cause e lo studio di uno stesso fenomeno calamitoso – anziché essere affrontato con approccio interdisciplinare – è stato svolto contemporaneamente da più soggetti istituzionali che, oltre a non conseguire risultati tangibili ed attesi hanno portato a soluzioni spesso non risolutive, se non inconcludenti, ed hanno avuto come unica conseguenza inutili sperperi di risorse pubbliche.

Riguardo al tema della forestazione, un altro problema annoso che affligge la nostra Regione, è quello dei dipendenti di Calabria Verde, che attualmente operano in condizioni di improvvisazione pressoché totale, con attività casuale, irrazionale e non programmata. L’azienda “Calabria Verde” – istituita con la legge regionale n.25/2013, per assorbire il personale e le funzioni dell’Azienda Forestale Regionale (A.Fo.R) e le Comunità Montane – come è sotto gli occhi di tutti non riesce a svolgere con successo le attività affidategli dalla carta costitutiva:

  • prevenire e spegnere gli incendi boschivi:
  • prevenire e al risanare i fenomeni di dissesto idrogeologico, in coordinamento con l’Autorità di Bacino;
  • programmare ed attuare le attività di servizio di monitoraggio e sorveglianza idraulica della rete idrografica calabrese, da svolgersi a tempo pieno, con l’ausilio dei sorveglianti idraulici;
  • favorire la coerenza tra le politiche di tutela della proprie risorse forestali e la loro valorizzazione economica;
  • attuare le attività di sviluppo della montagna, in accordo con i Parchi nazionali e le aziende agricole e forestali;
  • improntare la propria gestione anche in senso produttivo, attraverso la valorizzazione industriale ed energetica della filiera foresta-legno, con pratiche improntate alla gestione forestale ecocompatibile.

L’attuale stato del patrimonio forestale, nonché il continuo verificarsi di frane ed alluvioni, dimostra che l’azienda Calabria Verde, pur avendo a disposizione notevoli risorse umane e maestranze distribuite sul territorio, non è stata in grado di dotarsi dei mezzi d’opera e delle progettualità necessarie, non solo per affiancare I Vigili del Fuoco nella lotta alla piaga degli incendi boschivi, ma neppure per svolgere alcuna delle importantissime attività di tutela e valorizzazione ambientale ad essa affidata.

Concentreremo l’attenzione anche sugli incendi boschivi, altro problema annoso negli ultimi anni sta martoriando la Calabria, distruggendo ampie porzioni del nostro patrimonio boschivo e incrementando esponenzialmente il dissesto idrogeologico dei nostri territori. Quando ero alla guida della protezione civile regionale ho affrontato in prima persona ed ho conosciuto profondamente le cause e gli effetti questo problema legato non solo all’azione di incendiari e piromani ma anche – come ho denunciato più volte non solo pubblicamente ma anche alle procure calabresi – della mafia dei boschi, la quale agisce in modo organizzato e strategico a colpi di incendi dolosi. In Calabria lo spegnimento degli incendi boschivi degli incendi è assegnata, da una legge regionale, al personale di Calabria Verde, che ha dimostrato in molte occasioni di essere non adeguato – per consistenza e grado di specializzazione dell’organico – a fronteggiare gli incendi di vaste proporzioni che affliggono un territorio orograficamente complesso come quello calabrese, in cui la raggiungibilità di molte aree appare molto difficoltosa con i mezzi di terra.

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